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Mercati: sentiment contrastato

Saverio Berlinzani
October 02, 2023


La settimana appena conclusa ha confermato che investitori e analisti faticano ad avere certezze circa l’andamento dei mercati. Se nelle settimane precedenti una certa paura aveva dominato le price action, in ragione di un persistente aumento dei rendimenti dei titoli di stato, con i mercati azionari che scendevano anche se a ritmi contenuti e un dollaro super-performante, nelle ultime sessioni della scorsa ottava abbiamo assistito ad un pullback, con un ripiegamento dei rendimenti obbligazionari, una correzione del dollaro e un chiaro rimbalzo dell’equity.


Ma ora ci troviamo di fronte al dilemma se tali correzioni rimarranno tali prima di un ritorno del trend originario oppure se il trend degli ultimi due mesi possa finalmente invertire la rotta. Secondo noi la risposta è una sola e riguarda le dichiarazioni dei banchieri centrali che, di volta in volta, forniscono il trigger ovvero l’innesco a nuovi movimenti.


Venerdì è stata la volta del Presidente della Fed di New York, Williams, che ha dichiarato che la banca centrale Usa, al fine di riportare l’inflazione intorno al 2%, dovrà mantenere i tassi alti per un po’ di tempo. Quindi, anche se molto probabilmente il pivot dei tassi non è lontano, dall’altra parte sembrano diminuire le speranze di un taglio del costo del denaro a breve. Il che ha provocato un ritorno del risk off che da un paio di sedute sembrava messo da parte.


Ma c’è di più, perché, man mano che il tempo passa, e la congiuntura economica inevitabilmente comincia a risentire del lungo periodo di tassi elevati che stiamo vivendo, le opinioni dei diversi banchieri centrali cominciano a differire, dimostrando che all’interno dei board non c’è unanimità di pensiero, il che complica ulteriormente le cose perché ad ogni dichiarazione dei diversi membri dei comitati delle banche centrali possiamo attenderci movimenti diversi a seconda dell’opinione espressa, accrescendo ulteriormente l’incertezza.


Basta ricordare le dichiarazioni rilasciate la settimana scorsa da Goolsbee, presidente della Fed di Chicago, il quale ha affermato di non capire perché i rendimenti salgano e le obbligazioni statali siano così sotto pressione. Ha anche ricordato che ci sarà un dibattito interno alla Fed per studiare il fenomeno dell’inflazione e dei target fissati dalla banca centrale che forse sono obsoleti.


Infine, ha ribadito che se i tassi di mercato salgono persistentemente ciò dovrà essere considerato dalla Fed come un vero e proprio rialzo del costo del denaro, anche se non ufficiale. Una dichiarazione dovish, molto probabilmente favorevole ad una riduzione, a tendere, dei tassi di interesse. È chiaro che queste manipolazioni verbali, in assenza di un vero trend, rischiano di creare solo tensione e movimenti repentini.


AZIONARIO


Venerdì Wall Street ha chiuso contrastata, con il Dow che ha perso circa 160 punti mentre l’S&P e il Nasdaq hanno terminato rispettivamente in rosso dello 0.3% e in verde dello 0.1%. I rendimenti dei titoli del Tesoro Usa a due anni sono rimasti intorno al 5% mentre il decennale ha raggiunto il 4.57%.


Si avvicina nel frattempo un altro shutdown per il Governo Usa, che non ha ancora trovato un accordo sulla finanziaria e il ritardo potrebbe mettere nuovamente in discussione i rating del paese sulla questione del debito. Sono in atto manovre per chiedere una proroga di 45 giorni, con i mercati che, a nostro avviso, non hanno ancora prezzato un’eventuale crisi del sistema Usa.


Cosa potrebbe accadere? Un aumento del rischio sistemico Usa alimenterebbe una caduta dell’azionario e forse anche del dollaro, visto che la crisi sarebbe esclusivamente americana, facendo saltare la correlazione attuale che vede le borse in ribasso con un dollaro in rialzo e viceversa.


VALUTE


Sul Forex, dopo la prepotente salita del dollaro delle ultime settimane, abbiamo assistito ad una correzione che venerdì mattina appariva come una possibile inversione. Ma poi le parole di Williams, hanno ridato fiato alla divisa Usa, con il dollaro che è tornato a salire, anche se con chiusure lontane dai massimi precedenti.


Lo yen rimane debolissimo e per ora, nonostante le minacce verbali, non si intravede alcun intervento della BoJ. Sul nostro mercato tutto può comunque accadere, in un periodo in cui i cross, ovvero i cambi senza dollaro, continuano a muoversi bilateralmente. Sulle materie prime il petrolio è rimasto abbastanza stabile dopo i recenti guadagni, in una fase chiaramente interlocutoria.


Ieri sono usciti i dati cinesi sul Pmi manifatturiero e dei servizi NBS, in miglioramento a 50.2 punti rispetto alle previsioni di 50 e al dato precedente di agosto a 49.7. Si tratta della prima crescita dell’attività industriale dal marzo scorso, segno che i recenti stimoli fiscali da parte del Governo di Pechino stanno cominciando a mostrare i primi effetti.


Oggi è prevista la pubblicazione dei Pmi del settore manifatturiero relativi al Cecchio Continente e della Gran Bretagna, mentre nel pomeriggio i market mover più rilevanti saranno i Pmi americani, sempre del settore manifatturiero. E non dimentichiamo che nel pomeriggio parleranno Powell, Barr e Williams della Fed. Molto probabilmente i veri market mover saranno proprio loro.

Buona giornata e buon trading.


Saverio Berlinzani






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